curiositàLa carbonara, un coin e una foto: così è iniziato tutto.

23 Giugno 2022by admin0

Afghanistan, Herat, 2014, fase transitoria delle missioni, stavamo addestrando le forze speciali locali a portare avanti da soli le operazioni. Con noi c’era un gruppo di Berretti Verdi americani, i Green Berets. Uno di loro andava pazzo per la cultura italiana, in particolare per la carbonara (giura?) così spesso veniva dalle nostre parti, presso i nostri dormitori che altro non erano che dei container forniti di brande e un buco per il condizionatore. E le birre, noi avevamo le birre. Ma per i soldati americani l’alcool in missione è assolutamente vietato a causa di precedenti spiacevoli, così quando lui veniva a trovarci si limitava a masticare tabacco. 

Si parlava di cose da soldati, avevamo quello in comune, degli addestramenti, delle modalità di lavoro; guardavamo i video delle missioni registrati dalle kombat cam e ci scambiavamo le patch, quella specie di toppe che si appiccicano con il velcro alla divisa, come i bambini.

E poi tiravamo fuori i coin, medaglioni che vengono assegnati a ogni reggimento il cui valore varia in base ai risultati. Lui, il soldato dei Green Berets, mi mostra il suo e ha tutti i più grandi scontri a fuoco nella storia compreso quello dello sbarco di Messina, il cui nome troneggia proprio sotto la bandiera dei ranger. Me lo regala e io gli regalo il mio, il suo ora è il mio portachiavi.

Parlando della birra che avrebbe tanto voluto bersi salta fuori che suo padre ha una piccola azienda agricola a nord di New York dove coltiva luppolo con cui produce la sua birra. Nonostante fossi un grande appassionato, prima di quella sera non mi ero mai nemmeno domandato come fosse fatto il luppolo, finché non tira fuori una foto e boom: amore a prima vista. Queste piante alte, belle; non sapevo come fosse ma mai l’avrei immaginato così. 

Picco di fascinazione e poi basta, informazione finita nel dimenticatoio, non ci ho più pensato.

 

Arriva il congedo e tutto inizia.

Dopo il congedo entro per caso in contatto con un dottore agrario che aveva in mente di creare un progetto per mettere in piedi tutta la filiera della birra e il problema era proprio il luppolo, perché ha bisogno di inverni molto freddi e quindi la Liguria non è proprio il posto ideale.

Ora ditemi come faccio a non credere nel destino dopo aver scoperto che i terreni della mia famiglia a Castelbianco in Val Pennavaire, una posizione talmente sfigata da non prendere un raggio di sole da ottobre a febbraio, erano perfetti per il luppolo?
E io nemmeno lo sapevo. 

Da lì è iniziato tutto, da una foto. E ora ho io la mia piccola azienda agricola in cui coltivo luppolo con cui produco la mia birra.

Quando guardo le chiavi di casa ripenso a dove ero, con chi, e dove sono ora e a cosa sto costruendo. Per quello quando capita che non trovo le chiavi, oltre ad aver paura a chiamare per l’ennesima volta Monta, penso che mi dispiacerebbe davvero troppo perdere il coin di quell’americano, che spero ora si stia godendo tutta la birra che merita. 

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